Ottava parte

Quale via deve percorrere un legionario nella sua vita legionaria

La vita legionaria è bella. Ma non è bella per ricchezza, per divertimenti e lusso, è bella invece per il gran numero di pericoli che essa offre al legionario, bella per il nobile cameratismo che lega tutti i legionari di tutto il paese in una santa fratellanza di lotta; è bella, in misura sublime, per l'inflessibile, virile atteggiamento di fronte alla sofferenza.

Allorché qualcuno entra nell'organizzazione legionaria, deve conoscere fin da principio la vita che lo aspetta, la strada che egli dovrà percorrere.

Questa strada passerà per il monte della sofferenza, poi attraverso la selva delle fiere selvagge e infine attraverso la palude dello scoramento.

Punto 56. Il monte della sofferenza.

Dopo che uno s'è arruolato legionario con l'amore per la sua terra nel cuore, non lo aspetta una tavola apparecchiata, ma egli deve accettare sulle sue spalle il giogo del nostro Redentore Gesù Cristo: «Prendete il mio giogo sopra di voi»...

E il sentiero legionario comincia a inerpicarsi per un monte che il mondo ha chiamato «il monte della sofferenza».

All'inizio sembra facile salirvi. Poco dopo, la salita diventa più difficile, la sofferenza più grande. Le prime gocce di sudore cominciano a cadere dalla fronte dei legionari.

Allora uno spirito impuro, infiltratosi fra i legionari che si inerpicano, getta per la prima volta la domanda: «Non sarebbe meglio tornare indietro? La strada legionaria sulla quale ci siamo incamminati comincia ad essere difficile, e il monte è lungo e alto, tanto che non ne vediamo la fine». Ma il legionario non porge orecchio, va avanti e s'arrampica con difficoltà. Ma, salendo sempre sul monte senza fine, comincia a stancarsi, sembra che le forze comincino ad abbandonarlo.

Fortuna per lui che s'imbatte in una fonte, limpida come il cuore di un amico. Si rinfresca, si lava gli occhi, respira un poco e poi riprende a salire di nuovo sul monte della sofferenza. Oltrepassa la meta, e di lì comincia il monte senza acqua, senza erba, senza ombra, dove c'è solo pietra e sassi. E il legionario, al veder ciò, dice: Fin qua ho sofferto molto. Signore, aiutami a raggiungere la vetta. Ma lo spirito maligno gli getta la domanda: «Non sarebbe meglio tornare indietro? Lascia stare il tuo amore per la tua terra. Non vedi che cosa devi patire se ami la Patria e il Re, la Stirpe e la terra? E poi: che cosa guadagni qui? non è meglio che tu stia tranquillo a casa tua?».

Sulla nuda pietra, egli si arrampica continuamente con fede infinita. Adesso è stanco. Cade. Si sbuccia le mani e vede scorrere il sangue dalle ginocchia. Si leva come un prode e parte di nuovo. Ne ha ancora per poco. Ma la pietra è divenuta diritta e angolosa, gli sgorga il sangue dal petto e gocciola sulla pietra inclemente. «Non sarebbe meglio che tu tornassi indietro?», si ode di nuovo la voce dello spirito impuro. Egli sembra rimanere sopra pensiero. Ma all'improvviso ode una voce che grida dal profondo di migliaia di secoli: «Avanti, ragazzi! Non abbattetevi!». Un ultimo sforzo. E la fronte di prode giunge alla vetta trionfante, sulla cima del monte della sofferenza, con lo spirito cristiano e romeno, pieno di felicità e di gioia.

«Sarete felici quando vi perseguiteranno e diranno solo parole cattive contro di voi».

«Ed essi partivano rallegrandosi di essere riusciti a venire picchiati per il nome di Gesù».

Molte cose soffrono i legionari salendo per questo monte della sofferenza. Ci vorrebbe un libro intero per descrivere la loro sofferenza.

Punto 57. La selva delle fiere selvagge.

Non si immagini però colui che desidera divenire legionario, che i tentativi siano terminati qui, sulla vetta del monte della sofferenza. ed è bene che ciascuno sappia dall'inizio che cosa lo aspetta, e conosca la strada su cui si incammina.

Seconda prova: non trascorre molto tempo e la strada legionaria entra in una selva a cui il mondo ha posto il nome di «selva delle fiere selvagge».

Dal margine della selva si odono le urla di queste fiere selvagge, le quali aspettano solo che qualcuno entri nel bosco per sbranarlo.

Dopo il monte della sofferenza, questa è la seconda prova per cui devono passare i legionari. Chi è pauroso rimane al margine della selva. Chi ha cuore di prode, vi entra dentro, lotta con valore e affronta migliaia di pericoli, dei quali si potrebbe scrivere, e si scriverà, un libro intero. In questa lotta, il legionario non fugge il pericolo, non si nasconde dietro gli alberi. Al contrario, egli si mostra laddove il pericolo è più grande. Dopo aver attraversato la selva ed esserne uscito con successo, una nuova prova lo attende.

Punto 58. La palude dello scoramento.

La strada si perde, ed essi devono attraversare una palude. Essa si chiama «la palude dello scoramento», poiché colui che vi entra, prima di giungere all'altro capo della palude, viene preso dallo scoramento. Alcuni non hanno il coraggio di entrarvi -cominciano a dubitare del buon esito della lotta, poiché esso è troppo lontano- e non giungeranno fino alla vittoria. Così, molti fra coloro che hanno attraversato la selva delle fiere e si sono arrampicati sul monte della sofferenza, annegano in questa palude dello scoramento. Altri vi entrano e poi tornano indietro, altri ancora vi annegano. Ma i veri legionari non si perdono d'animo, superano anche questa ultima prova e giungono a riva, coperti di gloria.

Punto 59.

Là, alla fine della strada difficile delle tre prove, ha inizio l'opera bella, l'opera benedetta per costruire dalle fondamenta la nuova Romania.

Punto 60.

Soltanto colui il quale ha superato i tre esami, colui cioè che è passato per il monte della sofferenza, per la selva delle fiere selvagge e per la palude dello scoramento, ed è riuscito nelle prove, soltanto quello è un vero legionario.

Chi non è passato attraverso queste prove non può chiamarsi legionario, benché sia iscritto all'organizzazione, abbia il distintivo e paghi i contributi. Chi ha avuto l'abilita di evitarle sempre e, in tre-quattro anni di vita legionaria, non ha conosciuto e non ha dato né l'esame del dolore, né l'esame della virilità e neppure l'esame della fede, può essere un uomo «abile», ma non può essere un legionario.

Il Capo della Legione, quando apprezza la persona di un legionario, non si basa né sulla sua età né sulla sua popolarità (cioè sul numero degli nomini che egli ha attorno), né sulla sua abilità, ma su questi tre esami.

Punto 61.

1) La Legione è contro coloro i quali si agitano e si danno da fare per ottenere vittorie senza rischi e senza sacrificio -poiché costoro sono uomini piccoli, mentre le loro eventuali vittorie sono passeggere come la spuma del mare: dove non c'è rischio, non c'è gloria.

Punto 62.

2) La Legione è contro coloro i quali dopo le vittorie cercano di innalzarsi il più possibile sopra i rischi e i sacrifici altrui.

Punto 63.

3) La Legione è anche contro coloro i quali, benché lottino, sono spinti da un movente spirituale inferiore: «Desiderio di guadagno, godimento di un beneficio, creazione di una posizione». Costoro, conseguendo la vittoria, cominciano a divorarla.

L'animo superiore trova le sue grandi soddisfazioni nel piacere della lotta e del sacrificio.

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