Introduzione

Un improvvisato biografo di Corneliu Z. Codreanu ha usato, per definire la dottrina che ispira il Libretto del capo di cuib1, l'espressione di «umanesimo integrale»2.

A nostro parere non può esservi, a proposito dell'insegnamento esposto nel Libretto, definizione più erronea che questa, se si tiene presente che nel testo in questione Codreanu fissa le linee per un trascendimento della condizione umana, non certo per una sua assolutizzazione. La legge dell'educazione, una delle sei leggi fondamentali del cuib, suona così: «Devi diventare un altro. Un eroe». Perciò, di dottrina dell'eroismo integrale sarebbe se mai il caso di parlare. Eroe e uomo nuovo3 sono sinonimi nell'insegnamento di Codreanu, che sembra riproporre, in termini meno terrestrizzati, il tema nietzschiano del Superuomo: «Aspettiamo questo uomo questo eroe, questo gigante... Il movimento legionario... è una scuola spirituale da cui, se vi entrerà un uomo, all'altro termine dovrà uscire un eroe».

Le direttive che Codreanu fornisce per la realizzazione dell'uomo nuovo conferiscono al Libretto del capo di cuib, con il loro carattere simbolico, l'aspetto di un rituale iniziatico: il legionario deve compiere un viaggio irto di difficoltà attraverso il monte della sofferenza, la selva delle fiere selvagge e la palude dello sconforto. Si leggano con la massima attenzione le pagine relative a queste tre prove: ci si renderà conto che non ci si trova di fronte né a della retorica né a della letteratura, ma che si ha a che fare con la rappresentazione di un viaggio attraverso gli Inferni, cioè con la descrizione di una delle fasi dell'iniziazione reale. La condizione di «vero legionario» può essere conseguita superando le tre prove e intraprendendo «l'opera dolce, l'opera benedetta per la costruzione dalle fondamenta della nuova Romania».

Viene spontaneo ravvisare in ciò una stretta analogia coi «viaggi notturni» presenti nelle diverse tradizioni, non ultimo quello di Dante Alighieri; anzi, ci pare più esatto affermare che l'uso del medesimo simbolismo riflette l'unità della dottrina contenuta nei vari insegnamenti tradizionali, presentandoci il legionarismo romeno come una delle forme particolari attraverso cui è stato conservato, nel mondo europeo contemporaneo, qualche bagliore della Tradizione.

Quest'ultima affermazione potrebbe sembrare gratuita o, quanto meno, arrischiata, qualora non fossimo in grado da dimostrare che il paese in cui la Guardia di Ferro si trovò ad operare, la Romania, aveva conosciuto in precedenza la realtà di una trasmissione iniziatica e il suo successivo occultamento.

La «prova» che rende legittima tale asserzione è un documento di folclore, e il folclore, come si sa, è il custode di una somma di elementi riferentisi a un piano trascendente e spesso iniziatico4. Ci riferiamo a una ballata popolare romena (o meglio, alla variante romena di una leggenda diffusa in un'area più vasta) relativa alle pratiche dell'arte muratoria, nella quale ci è stato trasmesso il mito della Donna nella pietra. Tale simbolo -come quelli della vergine prigioniera che attende un liberatore o della vedova che ha perduto il suo uomo e aspetta un nuovo signore- esprime l'idea dell'eclissi della Tradizione5.

L'azione di Codreanu significò dunque un tentativo di restaurazione eroica della spiritualità olimpico-solare. Di ciò il movimento legionario fu pienamente consapevole, e tale consapevolezza è dimostrata dal fatto che la sua iconografia conferisce tratti eroici alla figura del Capitano, inserendo personaggi superumani nelle scene raffiguranti la nascita di Codreanu6. Se non ci si lascia trarre in inganno dal linguaggio cristiano di tale iconografia (linguaggio che la Guardia di Ferro utilizzò a fini exoterici), si comprenderà che in tal modo l'origine di Codreunu veniva equiparata a quella delle stirpi eroiche generate dall'unione di dei e donne mortali.

Per convincersi di come l'insegnamento tradizionale fosse realmente passato nelle mani dell'organizzazione legionaria, si considerino l'ortodossia e la coerenza con cui nel Libretto viene esposta la dottrina riguardante la preghiera o appello agli antenati. La preghiera non è da Codreanu cristianamente concepita come l'atto devozionale del credente che aspetta un osso dalla misericordia del suo padrone, ma è intesa, nel solco dell'insegnamento tradizionale, come una freccia lanciata con sapienza, intelletto e dottrina contro l'orecchio di Dio. La preghiera, nell'insegnamento legionario è un magico atto di potenza che attrae irresistibilmente dai cieli le forze misteriose del mondo invisibile, gli spiriti degli antenati: «Chiamale, attirale con la potenza del tuo spirito e esse [queste forze] verranno». Questo modo di pregare, col relativo porre l'accento sulla potenza, non tradisce nessun languore di donnicciole, nessun sentimentalismo di tipo cristiano, ma, al contrario, si riconnette a una forma regale di spiritualità. Il potere necessitante che Codreanu attribuisce alla preghiera, onde essa vince le energie occulte e le costringe ad intervenire, ha caratterizzato ogni formulazione eroica della tradizione regale: da Plotino -per il quale la preghiera produce il suo effetto secondo un rapporto deterministico7- ad Agrippa -secondo coi le forze astrali agiscono solo per un legame naturale di necessità8- all'ermetismo in generale, dove si nota l'assenza di ogni elemento «religioso» o comunque estraneo alla legge di causa ed effetto.

Altrove9 si è accennato al fatto che anche la concezione legionaria del sacrificio rinvia a un tipo da spiritualità antitetico a quello manifestatosi attraverso il cristianesimo.

Secondo Mircea Eliade, il quale è stato assai vicino agli ambienti della Guardia di Ferro, il significato di ogni sacrificio umamo -e di ogni sacrificio in genere- «dev'essere ricercato nella teoria arcaica della rigenerazione periodica delle forze sacre»10: la vittima viene immolata per impedire l'esaurimento della potenza sucrua. In altre parole, l'uomo «tradizionale» ripete, sacrificando l'atto creativo che ha dato vita al mondo, alla vegetazione, ecc. Riteniamo di non stabilire un'analogia fantasiosa, se affermiamo che il legionario sacrifica se stesso per rigenerare la stirpe e impedirne la scomparsa:

Fedeli al Capitano,
lieti noi ci immoleremo;
sui cadaveri nemici
costruirem la nuova patria11;

e in un altro canto legionario:

la Stirpe chiede un nuovo sacrificio:
Codreanu, vieni a noi!12

Nella convinzione che il sacrificio è fecondo di per se stesso e che esso genera immancabilmente i suoi frutti Codreanu scrive nel Libretto del capo di cuib: «Dopo la sofferenza viene sempre la vittoria. Chi saprà soffrire, quegli vincerà». E i legionari scelsero di divenire vittime sacrificali nel momento stesso in cui proclamarono che «la quantità di sacrificio fatto determina la vittoria»13.

Il Libretto del capo di cuib ha, si è detto, l'aspetto di un manuale liturgico. L'importanza che il rituale ricopre nel movimento legionario non è sfuggita a Z. Barbù, uno scrittore a cui in altra sede14 è stata riconosciuta una lucidità difficilmente riscontrabile presso altri saggisti attratti dal fenomeno codreanista. Scrive tra l'altro il Barbu: «Tutte le loro assemblee iniziavano e si concludevano con rituali magici di canto e spesso di danza». E ancora: «Uno dei corpi scelti principali della Guardia di Ferro era la cosiddetta Squadra della Morte, composta da giovani fanatici pronti a uccidere e a essere uccisi. Il loro rango e la loro missione erano fortemente istituzionalizzati, o meglio, ritualizzati». Inoltre l'autore interpreta come un «assassinio rituale» la punizione inflitta al traditore Stelescu15.

Il Libretto del capo di cuib è tutto informato di questo carattere rituale; esso stabilisce, in gran parte, il susseguirsi di formule e gesti inerenti a un rito, così come un rito è la seduta del cuib, il cui svolgimento viene scrupolosamente descritto nelle prime pagine del manuale. Con il medesimo rigore viene fissata la liturgia che i legionari devono osservare nel loro impegno solenne, mentre il resoconto particolareggiato dell'impegno dei primi legionari ci dà un'idea dell'alta tensione spirituale che dovette caratterizzare le cerimonie di questo ordine aristocratico e iniziatico.

La Legione è un'organizzazione basata sull'ordine e la disciplina.
La Legione è animata da un nazionalismo puro, scaturito dall'amore senza limiti per la Stirpe e per il Paese.
La Legione vuole ridestare alla lotta tutte le energie creatrici della Stirpe.
La Legione difende gli altari della Chiesa che i nemici ci vogliono demolire.
La Legione si inginocchia davanti alle croci dei prodi e dei martiri della Stirpe.
La Legione sta, scudo incrollabile, intorno al Trono, i cui Voivodi e Re si sono sacrificati per la difesa ed il bene della Patria.
La Legione vuole costruire, con spiriti forti e braccia robuste, un Paese potente, una nuova Romania.

Bucarest, Maggio 1933

Note

1- Abbiamo preferito conservare il termine originale rumeno, perché non esistono vocaboli italiani che riproducano fedelmente il senso che esso riveste nell'organizzazione legionaria. Si veda a tal proposito l'Appunto del traduttore in: Codreanu, Guardia di Ferro, Ed. di Ar, Padova 1972. torna ^

2- Carlo Sburlati, Codreanu il Capitano, Roma 1970; p. 78. torna ^

3- È interessante osservare come la parola d'ordine legionaria dell'uomo nuovo sia stata ripresa dall'attuale regime romeno, che per alcuni versi sembra seguire le indicazioni fornite a suo tempo dalla Guardia di Ferro. torna ^

4- Cfr. quanto scrive il Guénon: «Quando una forma tradizionale è sul punto di estinguersi, i suoi ultimi rappresentanti possono benissimo affidare volontariamente a quella memoria collettiva [...] ciò che altrimenti andrebbe irrimediabilmente perduto. È insomma il solo modo di salvare quel che può ancora, in certa misura, essere salvato. E, in pari tempo, l'incomprensione naturale delle masse è una garanzia sufficiente a che quel che possedeva un carattere esoterico... sussista come una specie di testimonianza del passato per coloro che in un'altra epoca saranno capaci di comprenderlo». René Guénon, Le Saint Graal, in «Le Voile d'Isis», fasc. 170, 1934, p. 48. torna ^

5- Per quanto concerne la leggenda rumena, si veda: C. Mutti, Canti e ballate popolari ungheresi, Parma 1972; pp. 95-104. torna ^

6- Si veda, ad esempio, l'icona pubblicata in: E Codreanu, Guardia di Ferro, cit., p. 322. torna ^

7- Plotino, Enneadi, IV, 4, 42; 26. torna ^

8- Cornelio Agrippa, De occulta Philosophia, II, cap. 60; III, cap. 32. torna ^

9- Legionarismo romeno, in: Codreanu, Guardia di Ferro, cit. torna ^

10- Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Torino, 1972; p. 359. torna ^

11- I Canti della Guardia di Ferro, «Quaderni del Veltro», Bologna 1972. torna ^

12- Il nazionalsocialismo romeno da Codreanu a Ceausescu, «Quaderni del Veltro», Bologna 1974. torna ^

13- È legittimo domandarsi in quale maniera il sacrificio di Codreanu, di Mota, di Marin e di altre centinaia di legionari abbia potuto propiziare alla stirpe romena le «forze misteriose del mondo invisibile». In altre parole, quale risultato è stato conseguito con l'immolazione di tante vittime sacrificali? A noi non pare fuor di luogo sostenere che uno degli effetti del sangue versato dai legionari lo si possa scorgere nella progressiva depurazione della classe dirigente romena dall'elemento ebraico, depurazione iniziata in modo massiccio coi processi antisionisti del 1953-'54 e terminata col siluramento di Apostol Stoica (vero nome: Gerschwin), avvenuto nel 1969. Con Stoica è stato rimosso da un incarico importante (segreteria dei sindacati) l'ultimo ebreo che occupasse in Romania un posto di rilievo. Inoltre l'attuale classe dirigente romena, impegnata nel difficile compito di attivare le migliori tendenze della stirpe (l'arduità dell'impresa è aumentata dalla scomparsa dell'élite legionaria, che riassumeva in sé le energie più positive), valorizza oggi la tradizione latina della Romania. Innalzando ovunque lupe capitoline e monumenti a Traiano, favorendo la produzione dei film di soggetto romano, ravvivando in ogni maniera presso il popolo il mito di Roma, il regime di Bucarest sotto alcuni aspetti sembra avere per divisa quella frase di Codreanu che suona così: «Noi siamo fra coloro che credono che il sole non sorge a Mosca, ma a Roma. torna ^

14- Si veda l'Avvertenza in: Codreanu, Diario dal carcere, Ed. di Ar, 1970. torna ^

15- Cfr. il saggio di Z. Barbu pubblicato nel volume Il fascismo in Europa, a cura di S. J. Woolf, Bari 1968.  torna ^

Indice

Primo capitolo